Pagina:Alcuni discorsi sulla botanica.djvu/82

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la bedolla in Lapponia, che tanto si accosti alla linea delle nevi perpetue, quanto le conifere; quasi le abbia colassù piantate la natura a temperare colla perenne verzura delle loro frondi l’abbagliante ed uniforme luccicare delle nevi.

Facciamoci ora a considerar brevemente di quanta utilità riescono le conifere, quali pel nutrimento che procacciano all’uomo nei frutti loro, quali pei succhi resinosi che contengono, e per gli usi molteplici a’ quali il legno loro si presta.

I semi del pino domestico, detti pinocchi, hanno sapore gradevole, non dissimile da quello delle nocciuole, e sono assai nutritivi. Oltre all’usarsi soli, mescolati colle uve di Corinto in molti intingoli, soglionsi fare con essi di eccellenti confetti e spremerne olio. Medesimamente veggiamo gli abitatori delle Alpi andar ghiotti de’ pinocchi dello zimbro (pinus cembra), mentre nel Chilì gli strobili della araucaria imbricata, il più bello, e il più alto degli alberi, che produca il terreno chilese, contengono quantità grande di pinocchi, lunghi due pollici, grossi quanto il dito mignolo, che arrostiti non altrimenti che le nostre castagne, alle quali molto si assomigliano nel sapore, ti sono cortesi di saporitissimo cibo. Eccovi d’altra parte il gingo del Giappone colle sue noci, che Ginnan son dette con termine vernacolo, grosse quanto le susine damaschine. Hanno invero sapore asprognolo, ma lo perdono se arrostite, per guisa che così ammanite coronano degnamente la mensa.