Pagina:Alencar - Il guarany, I-II, 1864.djvu/107

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felice era il suo culto; culto santo e rispettoso, in cui il suo cuore versava i tesori di sentimento e di poesia, che riempivano quella vergine natura.

Isabella entrò nel giardino; la povera fanciulla avea vegliato tutta la notte, pareva che il suo volto ancora conservasse le traccie di alcuna di quelle lagrime ardenti, che scaldano il seno e bruciano le guancie.

La fanciulla e l’Indiano neppur si guardarono; avversavansi reciprocamente; era un’antipatia, che avea cominciato fin dal momento che si videro, e che cresceva ogni dì.

— Adesso, Pery, Isabella ed io andiamo al bagno.

— Pery ti accompagna, signora?

— Sì; ma colla condizione che Pery abbia a starsene ben cheto e tranquillo.

La ragione per cui Cecilia imponeva cotesta condizione, sarebbesi tosto compresa da chi avesse assistito a una di quelle scene, che accadevano quando le due fanciulle andavano al bagno; il che avveniva quasi sempre la domenica.

Pery, col suo arco, compagno indivisibile ed arma terribile nella sua destra, sedevasi lungo la riva del fiume sopra alcuno dei picchi della roccia o sul ramo di qualche albero, e per un raggio di venti passi non lasciava avvicinare persona al luogo ove le fanciulle si bagnavano.

Quando qualche avventuriere trapassava per caso quel circolo che l’Indiano tracciava coll’occhio attorno di sè, dal luogo eminente ove si era collocato, egli lo scopriva sull’istante.