Pagina:Alencar - Il guarany, I-II, 1864.djvu/39

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Quantunque non fossero che le due o poco più, solo un incerto chiarore regnava sotto quelle folte e ombrose vôlte di verzura: la luce, insinuandosi in quel denso fogliame, decomponeasi interamente; neppur uno schietto raggio di sole penetrava in quel tempio della creazione, cui servivano di colonne i tronchi secolari degli acari e degli araribà.

Il silenzio della notte, co’ suoi rumori vaghi, indeterminati, co’ suoi echi tramortiti, dormiva nel fondo di quella solitudine, ed era appena interrotto un istante dal passo delle bestie, che faceano crepitare le foglie secche.

Parea che fossero le sei della sera, e che il giorno, tramontando, involgesse la terra nelle ombre scolorate del crepuscolo.

Alvaro de Sà, ancorchè avvezzo a cotesta illusione, non potè non trasalire un istante, quando riavendosi dalla sua meditazione videsi d’improvviso in mezzo al chiaroscuro della foresta.

Levò involontariamente il capo per veder se traverso quella cupola di verzura scopriva il sole, o per lo manco qualche scintilla di luce che gl’indicasse il chiaro del giorno.

Loredano non potè reprimere una risata sardonica, che gli corse sulle labbra.

— Non datevi pensiero, signor cavaliere; prima delle sei saremo al luogo che desiderate: ve lo dico io.

— Il giovane voltossi verso l’avventuriere, corrugando il sopracciglio: