Pagina:Alexander Pope - Lettera di Eloisa ad Abelardo.djvu/19

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Larva soave, dilettoso inganno.
A me ritorna! — Oimè! non più raminga
Per orridi deserti e fiere balze
320Tua seguace mi penso: e l’un mi sembra
Pianger dell’altro al pianto. Alfìn là giunto,
Ove la pallid’ edera ricopre
Cadente torre, e spaventoso pende
Sulla cieca vorago arduo dirupo,
325Rapido all’etra ascendi, e a me ti volgi.
Nemboso è l’aer: precipita la piova:
Infuria il vento. Lamentoso un grido
Gitto: ed ugual mi s’apre orrenda scena.
Alle angosce di pria così mi desto.
     330Tra la pena e ’l gioir freddo intervallo
Per te il destin piacevolmente austero
Frappose. Lunga, ineccitabil calma
Il riposo rassembra a te concesso:
Polso non cresce in te: sangue non bolle:
335Tranquillo sei come del giusto il sonno,
O equoreo pian pria che lo turbi il vento,
E dall’imo il sollevi iniquo Spirto.
Dolce tuo volto appar quasi nascente
Limpido raggio di promesso Ciclo.
     340Vieni, Abelardo: che a temer ti resta?
D’amor la face per gli estinti è muta.