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libro ii - capitolo viii
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è questa la storia della nazione che nacque dalle leggi di Ciro: e se i greci scrittori stati non fossero, né di Ciro, né de’ suoi persi, il nome pure pervenuto sarebbeci. L’utile arrecato da questo conquistatore legislatore a’ suoi popoli, fu dunque assai picciolo; alle remote nazioni fu assolutamente nullo, alle postere nullo: ed il nome di Ciro, per essere piú antico e non greco, è anche rimasto assai minore di quello d’Alessandro. Tanto è vero che negli imperi assoluti non viene nulla piú riputato chi fonda di chi distrugge; ed è questa una tacita giustizia degli uomini, che con ciò dimostrano che negli assoluti imperi anco il fondare è un mero distruggere.

Tito, appellato «delizia del genere umano», giovò per pochi anni a Roma col rispettare alquanto le leggi, da’ suoi predecessori barbaramente straziate; ma non ne fece pur niuna che saldamente impedire potesse ai sucessori suoi di commettere le atrocitá dei suoi antecessori. Qual utile effimero fu dunque mai questo? Perdonò Tito ad alcuni congiurati; ma ciò fece anche Augusto e lo stesso Tiberio. Potea Tito giovare grandemente a Roma, tentando almeno di rifarla libera e virtuosa; ma ad una tal cosa neppure ei pensava. All’universale degli uomini non giovò egli né nocque; null’altro di lui rimane che il nome; e questo si va proponendo ogni giorno per modello ai principi tutti. Tito non è perciò imitato; ma se pure il fosse, quale utile ne risulterebbe ai popoli sudditi? un brevissimo istante di precario respiro, per poi risoffrire al doppio le oppressioni del successore. Ed in fatti, se anco da noi tutti non si dovesse aver mai altri principi che dei simili a Tito, ne saremmo quindi noi forse maggiormente uomini? nol credo: poiché i romani non ridivennero maggiormente romani sotto Tito, né sotto Traiano, né sotto gli Antonini, di quello che il fossero sotto Augusto, Tiberio e Nerone. I veri romani, cioè l’adunanza di tutte le virtú possibili in un ente umano, erano quella tal pianta che allignar ben doveva al tempo dei Bruti, dei Catoni e dei Fabi; ma, all’ombra dei Titi e dei Traiani, non mai.

Esaminate queste tre specie di principi grandi, veniamo presentemente al grande scrittore. Omero, verde e fresco dopo