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30 lettera di ranieri calzabigi


Tremola nelle faci;... a mezzo il corso
Non è la notte... Gelido sudore
Mi scorre sopra le aggricciate carni...
Perché?... Teme di me?... Io son qui solo...
Riccardo ama Riccardo... Ed io... son io...
V’è quí un sicario?... No... Sí... io vi sono...
Dunque fuggiam... Che... da me stesso?... Sí,
Da me stesso. Perché?... Perché vendetta
Non faccia... Come!... in me di me? Io m’amo...
M’amo? per qual ragion? per qualche bene
Ch’io mi sia fatto? Ah! no: m’odio piú tosto
Per mille abbominevoli, odiosi
Delitti che ho commesso... Un scellerato
Io son... Mento... Nol sono. O stolto, meglio
Parla di te;... non adularti, o stolto...
La mia coscienza ha mille lingue; ognuna
Fa il suo racconto, e ciaschedun racconto
Condanna me di scellerato ed empio...
Spergiuro,... e quanto esser si può spergiuro;
Ed assassino, il piú atroce di quanti
Sian stati mai. Tanti delitti miei,
E orrendi tutti, al tribunal son tutti,
Gridando: È reo, è reo... Son disperato...
Niun fra’ viventi m’ama: niun, s’io moro,
Avrá di me pietá. Come l’avrebbe,
S’io di me stesso in me pietá non sento?
Tutti gli spettri di color ch’io uccisi,
Veder mi parve alla mia tenda, e tutti
Minacciarmi vendetta al nuovo giorno; etc.


Nella stessa tragedia la regina Elisabetta, vedova d’Edoardo IV, a Riccardo che le chiede la figlia in moglie, e le domanda in qual maniera possa meritar l’amore della principessa, cosí risponde:

Mandale, per colui che i suoi fratelli
Empio svenò, due sanguinosi cori;
E siano in essi i nomi lor scolpiti.
Ella allor piangerá; tu le presenta
In quell’istante insanguinato velo,
Che degli amati suoi germani il sangue
Bevve, e comanda a lei che se ne asciughi
Gli occhi bagnati in pianto. E se non basta
Questo tuo dono, e di te degno dono,
A far che t’ami, ancor le scrivi; tutte