Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie, Vol. I, 1946 – BEIC 1727075.djvu/57

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risposta dell’autore 51


cosa indispensabile nella tragedia, e che sola genera l’energia, non si può esserlo che usando molti modi contratti, che oscuri non sono a chi sa le proprietá di questa divina lingua; ma possono ben parerlo alla lettura per chi non le sa. Mi si dirá: per chi scrivi? Pel pubblico. Ma il pubblico non le sa. In parte le sa; e le saprá meglio, quando ottimi attori, sapendole perfettamente, reciteranno questi miei versi cosí a senso, che sará impossibile lo sbagliare. Il pubblico italiano non è ancora educato a sentir recitare: ci vuol tempo, e col tempo si otterrá; ma intanto non per questo lo scrittore deve essere lasso o triviale. Se le cose sue meritano, non è egli meglio, e piú giovevole, che il volgo faccia un passo verso il sapere, imparando, che non l’autore un passo verso l’ignoranza, facendo in sue mani scapitar l’arte che tratta e la lingua che scrive? Qual rimprovero meritamente ci fanno ad una voce gli stranieri? di non aver teatro; e le poche nostre recite, che tal nome si usurpano, d’essere sdolcinate, cantate, snervate, insipide, lunghe, nojose, insoffribili. A dire il vero, mi parve tale l’indole della lingua nostra, da non mai temere in lei la durezza, bensí molto la fluiditá troppa, per cui le parole sdrucciolano di penna a chi scrive, di bocca a chi recita, e, colla stessa facilitá, dagli orecchi di chi ascolta. E se non volessi tediarla, sarebbe forse quí il luogo d’individuare quanto ho detto, con alcuni esempj di versi miei, poiché de’ miei quí si parla; e glie ne potrei citare dei duri, e dirle perché li facessi cosí, e dove bene, e dove male facessi; glie ne direi dei pieni, degli imitativi, dei languidi, dei sonanti, dei fluidi, degli armoniosi, dei piani, e d’ogni genere in somma, perché di tutti ve ne ho messi variando; e dico messi, perché non mi sono sfuggiti, e di ciascuno potrei render ragione a tribunal competente. E di tutte le parole pregiatissime, ch’ella nella sua amorevole lettera mi dice, la sola ch’io non ricevo, è: negletto lo stile; perché l’assicuro anzi che moltissimo l’ho lavorato, e troppo; poiché i difetti rimproveratimi, ed in parte da me riconosciuti, gli ho trovati con fatica e studio; da altro non provenendo, che dall’aver sempre avuto di mira di sfuggire la cantilena e la trivialitá.

Non m’arresterò dunque che ai soli passi da lei osservati.

Basso terror d’infame tradimento
A re, che merti esser tradito, lascia.

Quel lascia lontanetto, a lei dá fastidio. Io ve l’ho posto cosí, perché mi pare che moltissima forza vi aggiunga, essendo la parola