Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie, Vol. II, 1946 – BEIC 1727862.djvu/196

Da Wikisource.
190 merope
a trafiggerti il core... Eppur,... tacerlo

tel poteva io?
Mer.   Morire; altro non resta...


SCENA TERZA

Polifonte, Merope, Polidoro.

Polif. Di nuovo pianto, e inusitate strida

io vengo al suon: che fia? — Chi sei tu, vecchio?
Che mai recasti?
Mer.   Or via, vieni, o tiranno,
di pianto al suon; di pianto, qual giá udivi
in questa reggia stessa, il dí che morte
seguia tuoi passi. O tu, che il cor ti pasci
dell’altrui pianto, or godi: al fin del tutto
orba mi vedi.
Polif.   Ah! — Rimaneati dunque
quel figlio, che negavi?
Mer.   Oh mal accorto
tiranno tu! creder potevi spento
il mio figliuol, poich’io vivea? Qual vita
traessi, il sai; sempre a vederti astretta...
Sí; vivo egli era; io tel celava; e in petto
unica speme io racchiudea, che un giorno
quí il rivedrei terrore alto degli empj,
fulmin del ciel, vendicator del padre,
dei fratelli, di me, del soglio avíto. —
Se ciò non era, un solo istante io mai
udito avria tuoi detti, a me piú crudi,
quando offri pace ed esecrande nozze,
che in minacciarmi aspro servaggio, e morte?
Polif. Tal dai mercede a chi del trono a parte
voleati? O donna, io che tiranno m’odo
nomar da te, men di te crudo io sono.
Sapeva io, sí, vivo sapea il tuo figlio;