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332 la congiura de’ pazzi
Il mio timore, io il sento; il tuo, tu solo

sentirlo puoi. — Ma, vinca oggi il paterno,
che piú scusabil è. Per quanto io valga,
mi adoprerò, perché spontaneo esiglio
scelga Raimondo; e fia il miglior; che in queste
mura abborrite a nuovi oltraggi io ’l veggo,
non a vendetta, rimaner; pur troppo!


SCENA QUARTA

Lorenzo, Giuliano, Guglielmo.

Loren. Giulian, che fai? Spendi in parole il tempo,

quando altri in opre?...
Giul.   Alla evidente forza
del mio parlare omai costui si arrende:
duolti la pace, anzi che ferma io l’abbia?
Loren. Che pace omai? D’ogni discordia il seme,
d’ogni raggiro il rio motor, Salviati
giunge...
Giul.   Il so; ma frattanto...
Loren.   E sai, che muove
ver noi dall’austro armata gente? in vero,
non belligera gente; a cui mostrarci
noi dovrem pure, e sol mostrarci. Al primo
folgoreggiar de’ nostri scudi, sciolta
fia lor nebbia palustre. Ardir qual altro
può Roma aver, fuor che l’altrui temenza?
Gugl. Signor, ma che? può insospettirti il solo
ripatriar di un cittadino inerme,
ch’or dal Tebro ritorna? e a danno vostro
or si armerebbe Roma, che sí rado
l’armi, e sí mal, solo a difesa, impugna?
Loren. La schiatta infida dei roman pastori
fea tremar piú d’un prode. Il tosco, il ferro