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32 rosmunda
pareggi me: quel marital tuo ferro,

su cui del primo tuo consorte il sangue
stassi, nel sangue ei del secondo il terga.
Non del tradirti, che non fia delitto,
ma del servirti, che a me fu gran fallo,
io tal ben merto, e tal ne aspetto io pena.
Ma, fin che il ciel chiaro non fa qual primo
deggia di noi punir l’un l’altro, io il giuro
pel trucidato mio signor, tu forza
non userai contro Romilda. — Intanto,
infra Ildovaldo e me, vedrassi a prova
qual sia di lei piú degno, e qual piú avvampi
d’ardente amor; qual piú in voler sia forte;
qual, per averla, piú intraprender osi.


SCENA QUARTA

Rosmunda.

E che imprender puoi tu? — Sí fello ardire

fu visto mai? — Ma, e che non può costui,
or ch’io stessa affidargli osai pur l’armi?...
Me dunque tu, qual io mi son, conosci?
Non quanta io sono. — Ed io t’amai?... Non t’amo,
e il vedrai tu. — Furore, odio, gelosa
rabbia, superbo sdegno, o misti affetti,
fuor tutti, fuor del petto mio: tu sola
riedi, o vendetta; riedi; e me riempi
tutta di tutto il Nume tuo; s’io sempre
per prima, e sola deitá mia t’ebbi. —
Ma, l’ire, e il tempo in vani accenti io spendo?
Preoccuparlo vuolsi; ogni empio mezzo
torgli; e primiera... Oh! chi vegg’io?