Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie, Vol. III, 1947 – BEIC 1728689.djvu/362

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356 parere dell’autore

non toglier mai che gli uomini la leggano, che si ricordino d’averla vista recitare, che ne sappiano gl’interi squarci a memoria, e che debitamente gli adattino: anzi, coll’impedirla o sospenderla, ne invoglierá egli vie piú gli uditori; svelerá maggiormente se stesso; e si anderá cosí preparando maggiori ostacoli nella opinione di tutti: e da questa sola universale opinione dipende pur sempre, qual ch’egli sia, interamente tutto il potere suo. Io stimo dunque Nerone un personaggio non molto commovente in palco, ma moltissimo utile.

Ottavia può, a parer mio, molti e diversi affetti destare nel cuore di chi l’ascolta; e quanto piú Nerone raccapricciare fará gli uditori, tanto piú li fará piangere Ottavia. Se ella possa amar Nerone, fin a qual segno, e come, e perché, ne ho assegnate le ragioni (quali assegnarle ho saputo) nel rispondere al signor Cesarotti; onde, per non ripetermi, le tacerò. Ridico solamente, che se Ottavia abborrisse Nerone come il dovrebbe, Nerone ne riuscirebbe di tanto meno biasimevole di ucciderla, ed ella di tanto meno da noi compatibile.

Poppea, degna dell’amor di Nerone, non credo si dovesse fare altrimenti; ma, su questo modello ammesso, ella si potea forse meglio eseguire.

Tigellino, degno ministro di un tal principe.

Seneca in questa tragedia è discolpato in gran parte delle taccie che meritamente forse gli venivano date dai Romani stessi. Ma, per averlo io molto innalzato, e fattolo quale avrebbe dovuto e potuto essere, non credo però d’averlo fatto inverisimile, ancorché ideale.

Questi caratteri tutti, se hanno qualche veritá, bellezza e grandiositá, è tutta dovuta a Tacito. Io gli ho piuttosto tradotti e parafrasati, che creati.

La contesa fra le due donne rivali nel terzo; e nel quinto, l’avvelenamento d’Ottavia per via dell’anello; son due tratti, che facilmente possono in palco divenire risibili, se sono eseguiti dai soliti attori italiani. Ma, purchè il lettore non ne possa giustamente ridere, è bastantemente giustificato lo scrittore.

Il timore di cui è impastato sempre ogni detto, ogni moto, ed ogni pensiero di Nerone, spande sovr’esso una tinta di viltá, che da alcuni sará biasimata, e che in fatti sempre guasta, o menoma assai la grandezza del tragico eroe. Ma pure, senza questo continuo timore, la ferocia natía di Nerone sciolto da ogni ri-