Pagina:Alfieri, Vittorio – Tragedie postume, 1947 – BEIC 1726528.djvu/181

Da Wikisource.

schiarimento del traduttore 175


sto oceano immenso della lingua Greca, di cui se anco altri trentanni vivessi, non ne potrò mai vedere certamente la riva.

Verso la metá dell’anno 1796 mi posi dunque a studiare in tutta regola e ostinatissimamente da me solo le diverse Grammatiche Greche. E cominciando dalle Latine-Greche, a poco a poco mi disfeci dell’interprete, e seguitai lo studio nelle grammatiche greche soltanto, il che accrescendo la difficoltá, accrebbe pure anche il frutto non poco. E quanti ritrovava piú ostacoli, tanto infiammandomi piú; e o bene o male, alcun poco pur progredendo; pervenni nell’anno susseguente al punto di poter esattamente appurare dove le traduzioni letterali si trovavano accurate, dove no; dove deboli, dove equivalenti; ed in somma a poterle sempre andantemente raffrontare col Testo.

In questa maniera frattanto studiando e bestemmiando e penando, io era pervenuto ad aver lette tutte le trentatre Tragedie Greche, e le undici Commedie di Aristofane: e alcune delle Tragedie le avea lette sino in due o tre volte in diversi tempi; e tra queste, l’Alceste di Euripide, la quale per via del soggetto mi era sommamente piaciuta oltre le altre tutte e sue e degli altri.

Cercando dunque io ogni mezzo per andarmi un poco piú sempre rinfrancando nell’intelligenza della lingua, mi entrò allora il pensiero di tradurre tutta l’Alceste, di cui giá alcuni degli squarci piú belli mi si eran fatti tradurre quasi per forza, senza ch’io punto pensassi a pigliar tale assunto. Ma, accintomi al lavoro, ad ogni pagina quasi io incontrava delle difficoltá non piccole, alle quali né traduzion letterale, né note, né varietá di lezioni bastavano per farmi sicuro dell’intenzione dell’autore. Inceppatomi una volta tra l’altre in uno di questi sí fatti scoglj, mi tornò allora in mente quel mio Manoscritto comprato da piú di due anni, di cui ho fatta menzione. Fattane tosto ricerca, con molta ansietá mi accingeva a consultarlo su quei passi dubbiosi; ma non vi essendo nel manoscritto né i numeri apposti ai versi, né divisione nessuna di Scene né di Atti, come usa nei testi greci, non mi veniva mai fatto di rintracciare quel tale o tal verso o parlata, ch’io avrei voluto raffrontare coi testi stampati.

Dopo essermici impazzato piú volte, e sempre senza niun frutto, allora finalmente (ve’ bella sagacitá e prestezza d’intelletto!) incominciai a dubitare fra me, che quel mio manoscritto non fosse la solita e nota Alceste di Euripide. E fattomi ad esaminarla con flemma da capo, tosto me ne accertai scorgendovi da bel principio