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di vittorio alfieri 159


CLIV.1

Rivedendo un’antica sua fiamma.

Già la quarta fiata (ultima forse)2
Era, ch’io ’l pié fuor d’Albïon3 portava,
Quando nell’atto che il nocchier salpava,
4 Donna a’ miei sguardi al lido in riva occorse.
Ahi vista! ell’è colei, che al cuor mi porse
L’esca primiera, ond’io tutto avvampava,4
Or quattro lustri; e quando io lei lasciava,
8 Restai gran tempo di mia vita in forse.5


  1. Nell’aprile del 1791 l’A. e la signora lasciarono Parigi e, con tutti i loro cavalli, si recarono in Inghilterra. Quali fossero le ignobili cause che spinsero la Contessa a recarsi colà, com’ella non esitasse a mendicar favori da quegli stessi sovrani, che erano stati la rovina di suo marito, ha ormai provato luminosamente il Bertana, e non è il caso di fermarci su tale soggetto. Il soggiorno di Londra fu, questa volta, men gradito delle precedenti all’A., e nel giugno di quello stesso anno 1791 deliberò di ritornare con la Contessa in Francia, dove avrebbero potuto spendere i loro assegnati che fuori di là non avevano alcun valore. Nell’agosto, prima di lasciar l’Inghilterra, fecero un giro per l’isola, a Bath, a Bristol e a Oxford, e tornati a Londra, pochi giorni dopo, si imbarcarono a Douvres: «Quivi», scrive l’A. al cap. 16° dell’ep. IV dell’Autobiografia», mi accadde un accidente veramente di romanzo, che brevemente narrerò. Nel mio terzo viaggio in Inghilterra nell’83 e 84 non aveva punto piú saputo né cercato nulla di quella famosa signora [Penelope Pitt-Ligonier], che nel mio secondo viaggio mi aveva fatto pericolare per tanti versi. Solamente sentii dire che ella non abitava piú Londra, che il marito, da cui s’era divorziata, era morto, e che si credeva ne avesse sposato un altro, oscuro ed ignoto.... Nell’atto d’imbarcarmi a Douvres, precedendo io la donna mia di forse un quarto d’ora alla nave, alzati gli occhi alla spiaggia dove era un certo numero di persone, la prima che i miei occhi incontrano, e distinguono benissimo per la molta prossimità, si è quella signora; ancora bellissima, e quasi nulla mutata da quella ch’io avea lasciata vent’anni prima, appunto nel 1771. Credei a prima di sognare; guardai meglio, e un sorriso ch’ella mi schiuse guardandomi, mi certificò della cosa. Non posso esprimere tutti i moti, e diversi affetti contrari che mi cagionò questa vista. Arrivato a Calais l’A. scrisse alla bella signora, indirizzando la lettera al proprio banchiere di Douvres perché gliela rimettesse; in quella lettera ei la compassionava per la vita errabonda ch’era costretta a menare, e si diceva addolorato di essere stato lui la causa delle sue sventure. A Bruxelles ricevette la risposta (riferita nell’Autobiografia) della Signora Pitt; la quale, forse punta dal tòno di commiserazione preso verso di lei dall’A., lo ringraziava di averle fatta riconquistare la sua libertà e si congratulava della bella fama che aveva acquistato come poeta nonché della invidiabile conquista fatta della Contessa d’Albany. A questo si riferisce il sonetto che ho surriferito, composto fra Bethune e Ostenda il 26 e 27 di agosto 1791.
  2. 1. Vi era andato la prima volta nel 1768, la seconda due anni dopo, la terza nel 1783.
  3. 2. Albion, Inghilterra.
  4. 5-6. Non fu davvero quella la prima fiamma d’amore che avvampasse nel cuor dell’A.: veggasi a tal proposito la nota introduttiva al son. Adulto appena alla festiva reggia.
  5. 7-8. Or quattro lustri: indicazione esattissima, perché l’A. conobbe la Signora Pitt e strinse con lei relazione nel 1771. — Gravi, secondo l’Autobiografia, furono i dolori sofferti dall’A., allorché ebbe dalla Signora la confessione della sua mala condotta. Quattro