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di vittorio alfieri 169


Poich’ivi al fin, d’aspro marito a scorno,1
8 Pace avevi che sola il cor rinfranca.
Ma non l’aveva io già mia pace allora,
Non mai potendo a te venir da presso;
11 Onde assai lagrimar vedeami Flora.2
Cangiò il destino: in questo loco istesso,
Lieti e securi e indivisibili ora,
14 I guai trascorsi esilariam noi spesso.3


CLXVII.4

Vorrebbe cessar dallo scrivere e non può.

Sagacemente, e con lepor,5 dicea
D’Aristarco6 il severo acuto senno:
«Carmi non fo, perch’io de’ sommi ho idea;7
4 «E quei ch’io far potrei, far non si denno».
Io, tutto dí, men verecondo impenno8
Rime, (non carmi) che importuna crea
Non so qual Possa9 in me, con fiero cenno
8 Costringendomi a far sua voglia rea.
Mio picciol senno, anch’ei, le sgrida: Taci,
Sfacciata. Scrivi; (ella m’impone in suono
11 Ben altro) scrivi, e a me primiera piaci.
D’ardenti affetti a te Ministra io sono,
Di furor sacro, e d’alti sensi audaci;
14 Senza cui la tua lima è steril dono.


  1. 7. A scorno, a vergogna, a dispetto.
  2. 11. Flora, Firenze.
  3. 14. Rendiamo ilare il ricordo dei mali trascorsi con la felicità di cui presentemente godiamo, senza temere che alcuno venga a rubarcela.
  4. Nel ms: «19 dicembre, sui colli da S. Fridiano. Sentenza di Aristarco:
    Carmi, quei ch’io potrei, non vo far io,
    Quei ch’i’ vorria non posso».
    Può darsi che, citando a memoria, l’A. attribuisse ad Aristarco un pensiero che non gli appartiene? Io non ne ho trovato vestigio in alcun luogo, né so immaginare onde l’A. possa aver ricavato l’arguto pensiero.
  5. 1. Sagacemente, con acutezza, con lepor, con grazia.
  6. 2. Aristarco nacque in Samotracia circa il 222 a. C., tenne lo scettro della critica e fondò una scuola che continuò a fiorire anche dopo la sua morte.
  7. 3. «Perché sento come dovrebber essere i perfetti...».
  8. 5. Men verecondo, di Aristarco. — Impenno, scrivo: alla lettera, munisco di penne; con analoga immagine, il Parini nell’Educazione:
    Scendete, o versi miei,
    Sopra l’ali sonore
    Del giovinetto al core.
  9. 7. Possa, forza segreta. Nel suo complesso questo sonetto può utilmente confrontarsi con l’altro:
    Tosto ch’io giunga in solitaria riva.