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4 vittorio alfieri


III (1776).

Avviticchiati, ignudi, e bocca a bocca
Soavemente inserta, in roseo letto
Giaccion Venere e Marte: oh qual diletto
4Nel dar, nel render baci, a entrambi tocca!

Languida voluttà, dolcezza fiocca
Dal di lei ciglio tremulo umidetto;
Marte esala sospir dall’igneo petto;
8Quand’ecco rete insidïosa scocca:

Ecco apparir gli Dei, cui trae lo scabro
Vulcan, che altero del felice evento,
11Mostra di sue vergogne essere il fabro.

Ridon gli Dei; ride Vulcan, ma a stento:
Stretti i duo amanti in un, non muovon labro:
14D’esser Marte ogni Nume ha in se talento.

IV.

Dov’è, dov’è quella mirabil fonte,
(Grida il più de’ mariti) in cui l’aspetto
Vide Atteón cangiarsi, e a suo dispetto
4Palpò l’onor della ramosa fronte?

Ahi quanti, oimè, quanti ne avvien ch’io conte
Privi d’onor, di senno, e d’intelletto;
Ch’a ogni costo avverar vonno il sospetto,
8Paghi sol quando han visto appien lor onte!

Stolti! ch’ite cercando? e qual vi sprona
Matto desir di procacciar certezza
11Di un mal, ch’è nullo, ove nol sa persona?

Lo stesso accade in femminil castezza,
Che in quella santa fe’, cui Roma suona:
14Il creder cieco genera salvezza.