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rime varie 57


LXVI (1783).

O di gentil costume unico esempio,
D’ogni alto mio pensier cagione e donna,
Del lasso viver mio sola colonna;
Di celestial virtude in terra tempio:

Mentr’io di pianto l’aere rïempio,
Com’uomo il cui martír mai non assonna,
Forse un duol non minor di te s’indonna,
E del tuo molle cor fa crudo scempio.

Che fai tu sola i lunghi giorni interi,
Al trapassare or sì molesti e lenti,
Più che saetta a noi già un dì leggieri?

D’udirti parmi in sospirosi accenti
Chiamarmi a nome; e veggio intanto i neri
Occhi appannarsi in lagrime cocenti.

LXVII (1783).

O cameretta, che già in te chiudesti
Quel grande, alla cui fama angusto è il mondo;
Quel sì gentil d’amor mastro profondo,
Per cui Laura ebbe in terra onor celesti:

O di pensier soavemente mesti
Solitario ricovero giocondo;
Di quai lagrime amare il petto inondo,
Nel veder ch’oggi inonorata resti!

Prezïoso dïaspro, agata, ed oro
Foran debito fregio, e appena degno
Di rivestir sì nobile tesoro.

Ma no: tomba fregiar d’uom ch’ebbe regno
Vuolsi, e por gemme ove disdice alloro:
Qui basta il nome di quel divo ingegno.