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ANNOTAZIONI

ALLA SETTIMA VISIONE.




Pag. 133. Offre il Profeta a me, che dall’ondoso
Cobarre fu pel crin su l’aure chiare ec.

Questi è il Profeta Ezechiele tratto in ispirito a vedere le sacrileghe abbominazioni, che commettevansi dagli Ebrei nel Tempio di Gerusalemme, per le quali egli predice a quel popolo sciaurato l’ultimo eccidio come si vede al Capo VIII della sua Profezia. Prende quindi l’argomento il nostro Autore di attribuire la desolatrice calamità occorsa a Lisbona per l’orribile terremoto da lei sofferto l’anno 1755 di attribuirla, dissi, al poco rispetto che hanno, o avevano i Portoghesi per le Chiese. Nè già di sua invenzione gli accagiona egli di questa colpa. Ecco quanto sopra ciò scrive il Padre Caimo Milanese nel tomo III delle sue Lettere stampate in Pittburgo l’anno 1764 col titolo: Lettere d’un vago Italiano ad un suo amico. Nell’ultima lettera del terzo tomo colla data di Lisbona al 19 giugno 1756, dice appunto così: ”Non sono meno intolllerabili certi altri abusi (de’ Portoghesi), come sono il ragionar nelle Chiese con piena libertà di differenti interessi: quel coprirsi che fanno le donne nell’atto di confessarsi col mantello che copre il Confessore; ed altre mancanze ignote in altri paesi, per cui la disciplina Ecclesiastica dovrebbe bene far sentire tutto il peso del suo rigore“. Così egli. Ma or sia per questo peccato, or sia per altri, gli è sempre vero il detto di Sant’Ambrogio, Sermone 85: Civitati, non nisi