Pagina:Algarotti - Il Newtonianismo per le dame, 1737.djvu/37

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Dialogo Primo. 25

un’opinione, che a tutta prima desta alcun timore, ella poi altresì lo fa svanire. Io non so in verità come la fosse stata, vedendovi così disposta a temere per ogni bagatella, se io vi avessi detto ciò, che disse per altro un famoso Antico, il Sole essere uno specchio di una materia al più terso cristallo somigliante, che manda e ribatte a noi la luce, che da tutte le parti dell’Universo va ad unirsi in lui; perchè quale speranza di trovare lassù acquavite, o altra simil cosa per ripulir questo specchio, se e’ mai venisse ad appannarsi? Che colui, rispose la Marchesa, che â fatto del Sole uno specchio, pensi a ripulirselo, quando ne avrà mestieri. Io amo meglio figurarmelo come l’anima del Mondo, e la sorgente lui stesso della Luce. Aggiungete ancora, soggiuns’io, de’ colori, poichè senza la luce eglino svanicono affatto, e non son più. Dite più tosto, replicò la Marchesa, che non son più veduti. Mi vorreste voi persuadere, che un’ora dopo il tramontar del Sole i colori di questo quadro non son più? Io vorrei ben vedere che mi diceste, che il quadro egli stesso non è più per la ragione, che non è più veduto. Il quadro, rispos’io, e la tela resta, e sopra di essa alcune disposizioni nella figura, e tessitura degli atomi, onde son composte le terre, che servono alla pittura: e queste disposizioni all’arrivo della luce vi faranno apparire sopra la tela de’ colori, delle mezzetinte, de’ chiariscuri, comandar, o pregar due begli occhi, fuggire un colonnato, verdeggiare un prato, o rosseggiare un’Aurora. Nelle tenebre,