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quadretti che presentano simili composizioni, sono assai bene circoscritti dal chiudere che fa la rima il sentimento ogni pajo o due di versetti.

Non così procede la cosa nei lunghi componimenti fatti con versi maggiori o endecasillabi. Grandissima è la varietà che nasce negli endecasillabi dal cader della cesura ora in un luogo ed ora in un altro: e la maggiore loro estensione fa sì ch’essi possano ricevere molte parole di varia misura e di varia sonorità, la cui differente combinazione, unita alla differente cesura del verso, risponda in certo modo alla differente mescolanza de’ dattili e degli spondei nello esametro, o almeno metta nel suono de’ nostri versi una notabilissima diversità. Non corre certamente più divario tra que’ due versi di Virgilio:

Ferte citi ferrum, date tela, scandite muros.
Constitit, atque oculis Phrygia agmina circumspexit,

che corra tra que’ due di Dante, che da lui tolse lo bello stile:

Surgono innumerabili faville,
E caddi come corpo morto cade.

E chiunque ha studiato quel nostro poeta, in molte cose veramente sovrano, ben conosce quanto egli ha saputo variare il numero del verso, e in quante differenti forme si può ben dire, non ci essere tipo di verso, di cui non si trovi l’archetipo in quel suo tanto elaborato poema sacro,

Che per più anni lo avea reso macro.