Pagina:Alighieri, Dante – La Divina Commedia, 1933 – BEIC 1730903.djvu/337

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paradiso - canto v 331

     Dunque che render puossi per ristoro?
Se credi bene usar quel c’hai offerto,
33di mal tolletto vuo’ far buon lavoro.
     Tu se’ omai del maggior punto certo;
ma perché Santa Chiesa in ciò dispensa,
36che par contra lo ver ch’i’ t’ho scoverto,
     convienti ancor sedere un poco a mensa,
però che ’l cibo rigido c’hai preso,
39richiede ancora aiuto a tua dispensa.
     Apri la mente a quel ch’io ti paleso
e fermalvi entro; ché non fa scienza,
42senza lo ritenere, avere inteso.
     Due cose si convegnono a l’essenza
di questo sacrificio: l’una è quella
45di che si fa; l’altr’è la convenenza.
     Quest’ultima giá mai non si cancella
se non servata; ed intorno di lei
48sí preciso di sopra si favella:
     però necessitato fu a li Ebrei
pur l’offerere, ancor ch’alcuna offerta
51si permutasse, come saver déi.
     L’altra, che per materia t’è aperta,
puote ben esser tal, che non si falla
54se con altra materia si converta.
     Ma non trasmuti carco a la sua spalla
per suo arbitrio alcun, senza la volta
57e de la chiave bianca e de la gialla;
     e ogni permutanza credi stolta,
se la cosa dimessa in la sorpresa
60come ’l quattro nel sei non è raccolta.
     Però qualunque cosa tanto pesa
per suo valor che tragga ogni bilancia,
63sodisfar non si può con altra spesa.
     Non prendali li mortali il vóto a ciancia:
siate fedeli, e a ciò far non bieci,
66come Ieptè a la sua prima mancia;