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110 DE VULGARI ELOQUENTIA.



31. Convenientes in eodem nomine gentis, ut Napoletani et Cajetani, in quanto che le città di Gaeta e Napoli appartengono ambedue ad una medesima Terra, già detta Campania, or Terra di Lavoro. Di che forse dovrebbe leggersi: «in ejusdem nomine gentis.» La frase poi ci riduce in memoria quel detto: ciascun meco si conviene Nel nome che sonò la voce sola: Inf., iv, 91.

39. Omnis nostra loquela... sit a nostro beneplacito reparata post confusionem illam, etc. Qui cade anco meglio all’uopo di recarci a mente quella sentenza: Opera naturale è ch’uom favella, Ma così o così, natura lascia Poi fare a voi, secondo che v’abbella: Par., xxvi, 130. Vuolsi più oltre attendere che l’Allighieri ne rafferma, che ogni nostra loquela è come un libero e vario rinstauramento della primitiva, concreata da Dio all’anima di Adamo, dalle cui labbra prese forma esteriore.

42. Homo est instabilissimum atque variabilissimum animal. Donde il Torri ben si è consigliato d’avvertire, che quando il Poeta affermava d’essere di sua natura trasmutabile per tutte guise (Par., v, 99), non ebbe risguardo alla propria indole e virtù opinativa, ma che intese di significare come, essendo egli uomo e però partecipe della natura umana, era trasmutabile appunto perchè mortale: Par., xv, 76.

45. Omnis nostra loquela... per locorum temporumque distantias variari oportet. Con addottrinata accortezza l’esimio dantista Marco Ponta, ben degno d’essere in più memore ossequio che non è, ci ammonisce che questo sentimento non venne soltanto poeticamente toccato nel Paradiso (xxvi, 124-138), ma sì appieno discusso nel Convito: Conv., i, 5.

46. Nec dubitandum reor modo in eo quod diximus temporum. A compiere il concetto dell’Autore, parve al Torri che qui si dovesse soggiugnere «distantia locutionem variari,» e vi soggiunse difatti quest’inciso fra due asterischi, dipoi tolti dal Fraticelli. Sennonchè il Böhmer e, dietro a lui, il D’Ovidio fa viemeglio osservare che Dante, dopo aver detto che il parlare si rimuta per «locorum temporumque distantias,» prosegue: «Nec dubitandum reor modo in eo quod