Pagina:Alle porte d'Italia.djvu/197

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la ginevra italiana 183

sotto le spalle rotonde di due robuste eretiche di venticinque anni, e che nell’appoggiar le mani sulle teste per non cadere, andassero palpando le grosse trecce con un’aria sorniona, sorridendo tra le palpebre semichiuse. E quelle sfide clamorose a disputare sul culto delle immagini e sulla presenza di Gesù Cristo nell’ostia, che si slanciavano da un paese all’altro, per lettera, monaci, gesuiti e pastori, chiamandosi a vicenda ignoranti, bestemmiatori, donnaioli e dannati; quelle scene tumultuose, quando i due avversari convenivan nelle chiese, l’uno seguito dai suoi Valdesi, l’altro da un codazzo di gentiluomini, di frati, di sagrestani e di bifolchi, in presenza d’un governator militare cattolico, che avrebbe dato fuoco a tutt’e due; e lì fiumi di chiacchiere, e grida, e gesticolamenti d’energumeni, e chi sa che birberie di cavilli, che scambietti d’arzigogoli da bastonate, e quante volte il santo randello sarà accorso in aiuto delle cattive ragioni! — Ma l’immagine che mi vidi più viva dinanzi per tutto quel giorno, che mi pesava quasi sull’animo come il ricordo d’un sogno spaventoso, come l’espressione di tutti i terrori e di tutti gli orrori della storia valdese, son quei convogli che passarono molte volte per quelle strade, nei secoli scorsi, quelle commissioni che venivan da Torino per estirpar l’eresia, in qualunque modo, con la persuasione, con le minacce e con la morte. Ah! no, studiate pure: voi non riuscirete a rappresentarvi alla mente un quadro più lugubre e più tremendo.... Il presidente del parlamento di Torino, dei con-