Pagina:Alle porte d'Italia.djvu/401

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dal bastione malicy 387

quel punto: un ramo va giù verso il cimitero, l’altro discende, nascondendosi quasi subito, per il fianco del colle di San Maurizio, fino a Pinerolo. Il bivio forma come una terrazza, da cui si vede la pianura e le montagne. Per questo passan di lì, salendo e scendendo, quasi tutti i pinerolesi peripatetici, che fanno il giro del colle verso sera. Anche ai tempi della fortezza, ci doveva correre una strada, o un sentiero, un po’ più lontano, prediletto dagli amanti dell’aria libera, che facevan delle passeggiate extra muros. Ecco, per esempio, è un gran divertimento, per me, nelle lunghe ore che passo là, veder venire innanzi i giovani fratelli Bochiardi, Paolo e Antonino, stretti a braccetto, tutti e due grandi e belli, che concertano a bassa voce il viaggio da Pinerolo al Corno d’oro, dove difenderanno eroicamente la porta d’Adrianopoli contro l’esercito del secondo Maometto; e poi scendere lentamente, tenendosi su la tonaca di domenicano, e fantasticando forse qualche nuova birberia da affibbiare a Zanni di Bergamo, quel capo ameno di Matteo Bandello; e dietro di lui, un’amazzone snella e ardita, la contessa Ortensia di Piossasco, ancora tutta trionfante d’aver salvato la città dalla scalata notturna dei soldati del Lesdiguières; e poco dopo, una cavalcata pomposa dello stato maggiore del cardinale Richelieu, e una frotta d’ufficiali cappelluti del Direttorio, e una folla d’italiani d’ogni provincia, i nostri bei volontari di cavalleria del cinquantanove, che passano declamando i versi del Berchet e di Gabriele Rossetti.... L’ultimo è sempre il generale Brignone, grigio e curvo, con quell’aria