Pagina:Alle porte d'Italia.djvu/409

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dal bastione malicy 395

una giornata di lavoro tranquillo. C’è un vecchio prete mingherlino che passa ogni sera alle sette e tre quarti, tira a destra per la strada del camposanto, ripassa sotto il terrazzo alle otto e mezzo, col breviario aperto fra le mani, senza mai alzar gli occhi, senza mai cambiare il passo, senza soffermarsi mai un secondo; e fa quella passeggiatina in quel modo da più di trent’anni. Un vecchio signore panciuto passa costantemente con la canna ritta contro il braccio destro, e il panama infilato nella canna. Un altro piglia infallibilmente la sua presa di tabacco nel momento che passa accanto a un tiglio che ombreggia la strada. E io mi diverto a indovinare le altre abitudini di quei buoni signori, i pasti regolati appuntino, quelle ore di sonno sacramentali, l’aborrimento profondo di certe salse, certe fissazioni strane invincibili in fatto d’igiene, la fascia di lana intorno alla vita, la piccola cantina scelta pei casi di malattie, e la piccola farmacia di casa, rifornita a tempo con grande cura. E sporgendo il capo indolenzito e stanco dallo scribacchiamento di tutto il giorno, li seguito tutti fin che spariscono, con un sospiro d’invidia.



Verso sera, passan pure dei soldati, che vanno a spasso per la campagna, quasi sempre a due a due. Sento degli accenti napoletani, siciliani, toscani, lombardi. Alcuni cantano. C’è un toscano che solfeggia dove vai, dove vai, riccio-