Pagina:Annalena Bilsini, di Grazia Deledda, Milano, 1927.djvu/19

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monotona del suo sonaglio, andava piano e pareva fosse del parere del vecchio.

— E lasciateli correre, perdio! Se non corrono adesso, quando lo faranno? Quando avranno il bastone col laccio, come il vostro?

— Si arriva lo stesso.

— Non è vero. Si arriva tardi, quando si va piano. E poichè non siamo arrivati noi, lasciamo arrivare loro, almeno.

Eppure anche lei frenò di nuovo la cavalla. Il sole era tramontato, e con esso sparvero i nuvoli di moscherini e di zanzare che molestavano i viandanti: adesso tutto era quieto; il cielo cremisi, fra i pioppi di là del fiume, faceva pensare ad un camino acceso in un bel crepuscolo invernale, mentre i prati verdissimi ed i giovani boschetti sospesi sullo specchio roseo dell’acqua corrente, davano l’impressione della primavera.

Poi d’un tratto il carro scese dall’argine per la strada in pendio che pareva affondarsi in una valle, e l’aria divenuta grigia, l’odore della saggina tagliata, il fumo di qualche comignolo, ricordarono di nuovo alla donna la casa, la terra ed il lavoro che l’aspettavano. Nel silenzio si udivano i due bambini sul carro questionare fra di loro: il più piccolo stringeva qualche cosa