Pagina:Annalena Bilsini, di Grazia Deledda, Milano, 1927.djvu/288

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come se il prevosto gli avesse confidato un terribile segreto, poi pensò: già, devo sposarmi con Bellina, eccola lì, quella civetta.

E s’incantò a guardarla, mentre ella si piegava, con un vassoio luminoso e fumante come un vulcano, a servire il budino al rum al veterinario che fiutava golosamente il dolce e la fanciulla assieme.

— Presto, — rispose Pietro con gelosia.

— Oh, bravo. Resterete qui?

— No, no. Qui s’è già in troppi: andiamo a stare con la mamma di Isabella; la conosce, lei, la vecchia Mantovani? È ricca, ma avara.

— Glieli farai tirar fuori tu, i soldi; e farai benissimo.

Parlava sempre sottovoce, e parlava da uomo pratico e di mondo, il sacerdote che Pietro riteneva un santo burbero e cavernoso: anzi il giovine continuava ad aver l’impressione che fra loro due si parlasse in grande confidenza e con una certa complicità da parte del parroco; ed ebbe desiderio di dirgli che, sì, i denari della vecchia lo attiravano molto; ma vide Isabella che, forse indovinando il sommesso colloquio che la riguardava, veniva verso di loro offrendo l’ardente e fragrante vassoio come se contenesse il suo cuore stesso, e rispose rapido, non senza fierezza: