Pagina:Annalena Bilsini, di Grazia Deledda, Milano, 1927.djvu/38

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Io la denunziai. Ella negò fieramente, ed il nonno si alzò col bastone sollevato contro di me.

Qui l’uomo tacque un momento e si fece pensieroso: la bocca un po’ storta per la paralisi facciale parve si rifiutasse a continuare nella fatica di parlare; poi egli si scosse e riprese:

— Il giorno dopo questo fatto, Betta scomparve. La colpa ne fu data a me, s’intende, ed i pugni e le botte mi fioccarono da tutte le parti. Riguardo al nonno, poi, bisognava che passassi molto al largo dal tiro del suo bastone. Lena piangeva, perchè Betta se l’era mangiata il lupo; e pure la mamma piangeva perchè la figlia del buon Dio non era più in casa nostra a rubare le uova. Gli zii batterono la campagna per ritrovarla; qualcuno disse di averla veduta con una compagnia di zingari, qualche altro che si era buttata nel fiume. Fatto sta che non ricomparve se non qualche anno dopo, sposa ad un merciaio ambulante, oriundo del nostro paese. Misero su una botteguccia, dove lei vendeva aghi e bottoni, mentre lo sposo girava per i paesi a vendere stoffe e maglie. Ella venne a trovarci, come se niente fosse, e rise nel sentire le versioni date alla sua fuga.