Pagina:Annalena Bilsini, di Grazia Deledda, Milano, 1927.djvu/54

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Un’alta siepe li circondava, preceduta da un fosso lungo il quale i salici, i pioppi, i platani, trasandati e inselvatichiti, parevano un principio di foresta.

Oltre la siepe nulla si vedeva, nè la donna altro cercava di vedere: tutto il suo mondo era lì, adesso: le voci dei figli, giù nella cucina e nell’aia, il respiro beato dei bambini nella camera, l’ombra stessa della culla che prometteva altre generazioni, rappresentavano per lei l’intera umanità: ed il cielo azzurro con la pupilla d’oro della luna le pareva l’occhio stesso di Dio intento solo a guardare la nuova patria della famiglia Bilsini.

Poi andò ad ispezionare le altre camere: si rassomigliavano tutte, tutte con grandi letti matrimoniali. In una dormivano lo zio e Giovanni che lo aiutava a vestirsi e spogliarsi, in un’altra i due figli più giovani; e comunicante con questa la sua. Così, come nella vecchia casa, ella avrebbe potuto lasciar l’uscio socchiuso per sorvegliarli anche nella notte.

Invano essi avevano tentato di sottrarsi, col cambiamento di casa, alla tutela materna: non c’era da fare altro che continuare a rientrare scalzi, quando facevano tardi la sera: del resto ella sentiva lo stesso, anche