Pagina:Annalena Bilsini, di Grazia Deledda, Milano, 1927.djvu/78

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Gina, al contrario, che al solito non sedeva a tavola, profittò della prima allegria generale, per riempire due volte la sua tazza di vino: subito anche lei si fece allegra, e mentre sulla madia spezzava con le forbici da potare un grosso cefalo bollito e ne piluccava di nascosto le parti migliori, le parve di sentire, nel grande silenzio di fuori, il rumore di una carrozza.

Qualcuno doveva arrivare. Chi? L’amante ideale atteso da lei, o qualche altro personaggio misterioso ed importante? Già la gente, nei giorni scorsi, forse per confortarsi del grande freddo e della miseria imminente, diceva che un nuovo Messia, apportatore di pace e di amore, doveva essere generato quella notte di Natale.

Ed ella ci credeva, e viveva nell’attesa di un avvenimento grandioso, dal quale anche la sua anima inquieta doveva essere presa e pacificata.

Servì a tavola il cefalo, con una salsa verde da lei già preparata che odorava d’orto e di estate: tutti, rallegrati dal buon cibo, le fecero i complimenti; e quando passò dalla parte dove stava Osca coi bambini, ella si sentì presa per la sottana e fermata a forza. Era il marito che la teneva così, scherzoso ma anche eccitato; tuttavia ella trasalì dal