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357 ANNALI D'ITALIA, ANNO XCIV. 358

corona d'alloro, e di offerirla a Giove Capitolino.


Anno di Cristo XCIV. Indizione VII.
Anacleto papa 12.
Domiziano imperadore 14.


Consoli


Lucio Nonio Torquato Asprenate e Tito Sestio Magio Laterano.


Fra gli eruditi è stata finora molta disputa intorno ai consoli ordinari di quest’anno, nè si sapea il prenome e nome di Laterano. Una iscrizione del museo kircheriano, da me1 data alla luce, ha messo tutto in chiaro. Da un altro marmo apparisce che, in luogo di Laterano, era console nel settembre Lucio Sergio Paolo. Moltiplicarono più che mai in questi tempi le calamità di Roma sotto Domiziano, divenuto oramai formidabil tiranno, e non inferiore a Nerone. Ne lasciò a noi un orrido ritratto Cornelio Tacito2, presente a tutte quelle scene, con dire che si vide il senato circondato ed assediato da genti di armi; a molti che erano stati consoli, tolta la vita; e le più illustri dame o fuggitive o cacciate in esilio. Di persone nobili bandite, piene erano le isole, e all’esilio tenea dietro bene spesso la spada del carnefice. Ma in Roma si facea il maggior macello. Pareva un delitto l’aver avuto delle dignità; pericoloso era il volerne; nè altro occorreva per istar tutto dì esposto ai precipizii, che l’essere uomo dabbene. Le spie e gli accusatori erano tornati alla moda; e fra questi mali arnesi si distinguevano Metio Caro Messalino e Bebio Massa, assassini del pubblico, non nelle strade, ma ne’ tribunali stessi di Roma, con essersi attribuita la maggior parte delle crudeltà d’allora più alla lor malignità[p. 358] e prepotenza che a quella di Domiziano. Le spese eccessive fatte da questo prodigo imperadore in tanti spettacoli non necessari, e in accrescere fuor di misura lo stipendio ai soldati, per maggiormente obbligarseli, l’aveano ridotto al verde3. Si avvisò di cercare il risparmio col cassare una porzion delle milizie; e, secondo Zonara4, eseguì questo pensiero. Svetonio sembra dire, che solamente lo tentò, ma che trovandosi tuttavia imbrogliato a dar le paghe, rivolse il pensiero a far danaro in altre tiranniche maniere, occupando a diritto e a torto i beni dei vivi e dei morti. Pronti erano sempre gli accusatori, denunziando or questo, or quello, come rei di lesa maestà per un cenno, per una parola contra del principe o contra uno dei suoi gladiatori; delitti per lo più finti e non provati. Si confiscavano a tutti i beni; e bastava che comparisse un solo a dire di aver inteso che un tale prima di morire avea lasciata la sua eredità a Cesare, perchè tosto si mettessero le griffe su quella roba. Sopra gli altri furono angariati i Giudei, che da gran tempo pagavano un rigoroso testatico, per esercitare liberamente il culto della lor religione. Un’esatta perquisizion di essi fu fatta per tutto l’imperio romano, e processati coloro che, dissimulando la lor nazione, non aveano pagato.

Fra gli altri personaggi di distinzione che, per attestato di Tacito5, furono tolti di mira in questi tempi dal genio sanguinario di Domiziano, si contarono Elvidio il giovane, Rustico e Senecione. Era il primo figliuolo di quell’Elvidio Prisco, che a’ tempi di Vespasiano, siccome fu detto di sopra all’anno 73, per la sua stoica insolenza si tirò addosso l’esilio, e poi la morte6. Eccellenti qualità concorrevano ancora in questo suo figliuolo, per le quali era in

  1. Thesaur. Novus Veter. Inscript., pag. 314, num. 2.
  2. TacitusHist., lib. 1, c. 2 et. seq. Idem in Vita Agricolae, c. 46.
  3. Sueton. in Domitiano, cap. 12.
  4. Zonara in Annalib.
  5. Tacitus in Vita Agricolae, cap. 45.
  6. Sueton. in Domitiano, cap. 10. Plinius, lib. 9, Epist. 13.