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35 ANNALI D'ITALIA, ANNO XII. 36

di Vellejo Patercolo merita ben di essere preferita a quelle di Svetonio per aver egli scritto le avventure de’ suoi tempi; e militato allora sotto lo stesso Tiberio, laddove Svetonio visse e scrisse cento anni dipoi. Ora abbiamo da Velleio1 che, a requisizione d’Augusto, il senato e popolo romano concedette a Tiberio l’uguaglianza nella podestà pel governo delle provincie e delle armate: Ut aequum ei jus in omnibus provinciis, exercitibusque esset. Dopo di che Tiberio se ne tornò a Roma. Adunque piuttosto all’anno presente si dee riferire l’esser egli divenuto collega dell’imperio. Anche da Tacito2 possiam raccogliere la stessa verità, scrivendo egli, che Tiberio Collega Imperii, consors Tribuniciae Potestatis adsumitur, omnesque per exercitus ostentatur. Pare che Tacito anticipi di qualche anno questa dignità; ma certamente fa intendere la medesima a lui conferita, mentr’esso era all’armata, e non già allorchè fu giunto a Roma. Però assai fondamento abbiamo per credere che dall’anno presente, a cagione di questo innalzamento di Tiberio, alcuni cominciassero a numerare gli anni del suo imperio; sentenza adottata dal padre Pagi e da altri.


Anno di Cristo xii. Indizione xv.
Cesare Augusto imper. 56.


Consoli.


Germanico Cesare e Caio

Fontejo Capitone.


Tiberio Giulio Germanico Cesare, nipote e figliuolo per adozione di Tiberio Cesare, e nipote, a cagion d’essa adozione, di Augusto, pel merito acquistato nelle guerre della Germania, Pannonia e Dalmazia, ottenne quest’anno il consolato e inoltre gli ornamenti trionfali3. Nelle calende di luglio a Capitone fu[p. 36] sostituito nel consolato Cajo Visellio Varrone. Con esso Germanico venne anche Tiberio4, nell’anno presente a Roma. Le guerre sopravvenute gli aveano impedito il trionfo destinatogli dal senato per le guerre da lui felicemente terminate nella Pannonia e Dalmazia. Ricevette egli ora quest’onore, con entrare trionfalmente in Roma. Prima di passare al Campidoglio, scese dal carro trionfale, e andò ad inginocchiarsi ai piedi d’Augusto, che con gran festa l’accolse. Seco era Batone, che già vedemmo capo della sollevazion della Pannonia ed è chiamato re di quella provincia da Rufo Festo, ma impropriamente. A costui professava non poca obbigazione Tiberio, perchè nella guerra pannonica trovandosi egli stretto in un brutto sito, e circondato dai ribelli, Batone generosamente il lasciò ritirarsi in luogo sicuro. Per gratitudine Tiberio gli fece de’ grandissimi doni, e il mise di stanza a Ravenna. Seguita a dire Svetonio, aver Tiberio dato un convito al popolo con mille tavole apparecchiate, ed oltre a ciò un congiario, cioè un regalo di trenta nummi per testa. Dedicò eziandio il tempio della Concordia, mettendo nell’iscrizione, come asserisce Dione5 d’averlo rifatto egli con Druso suo fratello già defunto. V’ha chi crede fatta cotal dedicazione nell’anno di Cristo X, e chi nel precedente IX, tirando ciascuno6 al suo sentimento le parole di Dione. Ma dacchè lo stesso Dione confessa che prima di questa dedicazione Tiberio era passato in Germania, da dove solamente nell’anno presente ritornò, nè essendo verisimile che in lontananza egli dedicasse quel tempio; sembra ben da anteporsi l’autorità di Svetonio che mette quel fatto sotto l’anno presente, che è inoltre autore più vicino a questi tempi, che non fu Dione. Dedicò parimente lo stesso Tiberio il tempio di Polluce e di Castore sotto

  1. Vellejus, lib. 2.
  2. Tacitus, Annal. lib. 1.
  3. Vellejus, lib. 2.
  4. Sueton. in Tiber., c. 20.
  5. Dio., lib. 56.
  6. Petavius, Mediobarbus, Pagius et aliis.