Pagina:Annali del principato ecclesiastico di Trento dal 1022 al 1540.djvu/147

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impedire il passo per le sue terre a coloro che portassero soccorsi al tiranno1.

Rivolgiamoci ora a Mainardo, conte del Tirolo, che, sulle orme del suocero, con finissime arti ridusse anch’egli il Vescovato di Trento all’estrema desolazione. Primo scopo degli ambiziosi pensieri fu quello di assicurarsi dell’avvocazia della Chiesa Trentina, decaduta alla Camera vescovile, assieme ai pingui feudi, per la morte del conte Alberto. A questo fine, procuratasi la deferenza di Ezzelino da Romano, chiese al vescovo Egnone la rinnovazione dell’investitura dell’avvocazia, carpita con male arti dal conte Alberto di Tirolo al vescovo Aldrighetto e tenuta fin allora celata, con cui veniva, in mancanza della maschile, abilitata anche la discendenza femminina; la chiese con modi più minacciosi che supplichevoli a nome di sua moglie Adelaide e de’ suoi figli d’ambo i sessi. Stordito il vescovo all’inaspettata comparsa dell’illegale investitura, voleva schermirsi ed usare del beneficio del tempo, protraendo la risoluzione. Ma essendo la città di sua residenza come bloccata da tre parti dalle genti del feroce Ezzelino, e verso la quarta da quelle del conte Mainardo, sostenuto altresì da molti ecclesiastici e secolari del Principato, si vide costretto a piegarsi alla dura necessità. Convocati li 2 d’aprile 1256 a consulta il Capitolo, la cittadinanza, i ministeriali e i feudatarii del suo Vescovato, onde procedere col più maturo consiglio in affare così spinoso, ai comparsi quattro depu-

  1. Miscell. Alberti, T. VII, fol. 207.