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capitolo xxvi. 79

è più d’una fenice al mondo. Tullio dice: Nessuna cosa è più bella che la costanza, nè che tanto si convegna alle persone come avere in sè fermezza. Cato dice: Sii costante come richieggiono le cose. Isidoro dice: Non è da lodare chi comincia, ma chi persevera. Santo Gregorio dice: Mille persone corrono al palio; ma la perseveranza vince. Della virtù della costanza si conta nelle Storie di Roma, che un re de’ Greci costituì certe leggi le quali pareano troppo dure al popolo; e il Re pensò pure di volerle fare osservare, perocch’erano molto giuste leggi. E disse al popolo: Io voglio che voi le giuriate insino alla mia tornata, e in questo mezzo io favellerò al nostro Iddio che me le diede; poi ve le darò secondo il vostro volere. Udendo questo il popolo, tutti si rallegrarono, e giurarono osservarle infino alla sua tornata. Ed egli subito si partì, e andossene in lontano paese, e qui stette infino che non morì. E perchè sempre quel popolo l’osservasse, comandò che quando fosse morto, il suo corpo fosse arso, e la polvere gittata in mare, acciocchè il popolo non si credesse essere assoluto da quel giuramento se l’ossa sue fossono trovate e riportate alla cittade.

CAPITOLO XXVIII.

Della incostanza appropriata alla rondine.

Incostanza si è contrario vizio della virtù della costanza; e, secondo che dice Persio, si è a non