Pagina:Apollonio Rodio - Gli Argonauti, Le Monnier, 1873.djvu/77

Da Wikisource.

libro i. 51

     Attoniti di duol, poser pensiero
     Della macina all’opra, e cibi a caso
     Prendean non cotti a sostentar la vita;
     1370Ed oggi ancor, quando ritorna ogni anno
     Di quell’esequie il dì, gl’Ionii a stanza
     In Cizico venuti usan focacce
     Schiacciar di grano a comun mola infranto.
Allor dodici dì, dodici notti
     1375Fiera procella imperversò, che tolse
     A’ Minii il navigar. Domi dal sonno
     Su ’l fin di quella dodicesma notte
     Dormian gli altri campioni, Acasto e Mopso
     Soli a guardia veglianti; ed ecco, aleggia
     1380Un alcïon sovra la bionda testa
     Di Giasone, e col suo stridulo verso
     Presagisce il cessar della tempesta.
     Udì Mopso, e comprese il fausto canto
     Dell’augello marin, cui di là tosto
     1385Via scacciò qualche nume; ed ei svolando
     S’andò in alto a posar sovra l’oplustro
     Della nave. Allor Mopso incontanente
     Scuote e sveglia Giason su molli pelli
     D’agnei giacente, e così a lui favella:
1390Figlio d’Esone, è d’uopo a te su l’alto
     Dindimo entrar nel sacro loco, e all’alma
     Degli dei tutti glorïosa madre
     Orar devoto. Or fine avran le fiere
     Procelle: or ora ho cotal voce udita1

  1. Var. al v. 1394. Procelle: ho dianzi una tal voce udito