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— disse di nuovo il mezzo avvocato, alzando il capo in modo che pareva volesse guardare colle narici.

— Sissignore, lo siamo — ribattè con un fare cerimonioso e carico d’ironia. — La povera signora Carolina Ratta era una nostra prima cugina.

— Conoscete gli interessati?

— I Ratta quasi tutti, per servirla.

— Potreste fornire delle prove, galantuomo, che la vecchia defunta avesse intenzione di favorire in modo speciale i parenti poveri? l’avvocato mi ha incaricato per far presto di raccogliere quante più notizie possono giovare all’istruttoria della causa.

Aquilino questa volta arrossì e socchiuse gli occhi. Era disposto a compatire, ma chi dava a uno sgangherato scrivano il diritto di chiamarlo galantuomo? Galantuomini dobbiamo essere tutti, ma appunto per questo non c’è bisogno che altri venga a dircelo. Aquilino non avrebbe mai detto a una persona rispettabile: — Si accomodi, signor rispettabile cavaliere. — Ma chi ha educazione, chi non ne ha. E anche questa volta, guardando in fondo al cilindro, si limitò a rispondere:

— Ecco, prove, diremo così, palpabili, non ne abbiamo. Possediamo delle allusioni.

— Degli indizi volete dire, delle prove indirette...

— Lei ha studiata la legge e troverà la parola giusta — ribeccò con più fiera ironia, indicando un libro stracciato sul tavolo che aveva tutto l’aspetto di un vocabolario. — Per conto mio so che andavo tutte le sere a fare una partita a tarocco e so che la buona parente voleva sempre me per compagno. Alla madonna d’agosto m’invitò a mangiare un’anatra, e dopo pranzo, presente la sora Santina...