Pagina:Archimede reintegrato.djvu/9

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della bilancetta del Galileo, e degli stromenti di vetro, che trovò l’Ingegniere Cornelio Meijer nel 1668.[Dell’arte di restituire a Roma la tralasciata navigazione del suo Tevere fig. 4.], per iscoprirsi la quantità della lega, che v’è in una picciola moneta, senza alterarla, ò disfarla; con tutto ciò dicevano essi, non essersi mai col mezzo di tali stromenti scoperta la mistione de’ metalli con quella esattezza, con cui si dimostra, usandosi la pietra paragone, ò il fuoco, che consuma tutti i metalli, toltone l’oro, ò usandosi l’acqua forte, che lascia parimente illeso l’oro, e corrode gli altri metalli.

[Appenden. quest. 7 fogl. 33.]Teneano essi anche per dubbioso il modo descritto dall’Abbate Maurolico, e del sopracitato Odierna [Archimede red. f. 17., e 18.] intorno allo scoprirsi la mistione con la proporzione della lunghezza di due fili uguali di peso, ineguali di metalli, e passati per un medesimo forame.

Tutti poi dissero concordevolmente, che se parea fallibile l’esito di scoprirsi la mistione coll’uso della bilancetta del Galileo, e degli strumenti di Cornelio Meijer, molto più fallibile sarebbe l’uso dell’acqua, che si versa dal vaso, come si dice, che abbia fatto Archimede.

Or io, per far giustizia al merito


del