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impresa, senza por tempo in mezzo presero tutti quei provvedimenti che il caso richiedeva.

La più grave fra tutte le questioni era quella di provvedere all’armata pontificia. Com’è noto, dopo la grave rotta sofferta all’isola di Gerbi nell’anno 1560 dalla squadra del duca Medina Coeli, che aveva sotto i suoi ordini tutte le galere pontificie, comandate da Flaminio Orsini1, il papa Pio IV non aveva avuto nè tempo, nè comodità di provvedere all’armata navale; l’arsenale di Civitavecchia era rimasto quasi deserto e solo poche carcasse del tutto inservibili, prive d’artiglieria, giacevano abbandonate nel porto.

Scoppiata la guerra di Cipro, Pio V pel primo anno 1570 aveva chiesto ed ottenuto dalla repubblica di Venezia dodici galere «i corpi delle quali avessero a dare i Veneziani, fornite di remi, d’armizzi e d’artiglierie»2. Il Colonna, nominato capitano generale della Chiesa, aveva atteso nel porto di Ancona ad armarle, affidandone il comando a capitani di sua scelta, quasi tutti sudditi pontifici, imbarcandovi fanterie assoldate, e marinai e galeotti raccolti alla meglio lungo il litorale Adriatico e negli ergastoli dello Stato; ma questa squadra non era stata molto fortunata, perchè, dopo un’infelice campagna, in cui per colpa di G. Andrea Doria, come abbiamo detto, nulla di importante s’era potuto fare, le migliori galere e l’istessa capitana, la celebre quadrireme del Fausto, erano state preda o del fuoco o delle onde3. D’altra parte sembra

  1. Su questo argomento, quasi del tutto sconosciuto, ho trovato nell’archivio Vaticano molti ed importanti documenti, che non dispero di poter un giorno copiare e portare a conoscenza degli studiosi di cose marinaresche. Il racconto del Guglielmotti, esatto nelle linee generali, si risente della scarsezza di documenti ufficiali e potrebbe essere qua e là modificato.
  2. Paruta, op. cit. p. 70.
  3. Guglielmotti, op. cit. p. 107.