Pagina:Archivio storico italiano, serie 3, volume 12 (1870).djvu/630

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336 annunzi bibliografici
Cronaca di sua casa scritta da Paolo Velluti in continuazione a quella di Messer Donato Velluti, con notizie di detta famiglia dal 1560 sino a’ di nostri pubblicate da Luigi Passerini. - In 8vo di pag. 48. In Firenze coi tipi di M. Cellini e C. alla Galileiana, 1870.

Quando Paolo Velluti scriveva (circa il 1560) questa graziosa Cronachetta per continuare la Storia della sua famiglia cominciata dal suo progenitore Donato, non erano gli animi corrotti ancora tanto dalla servitù da esser boriosi di una nobiltà venuta per privilegio per benemerenze non lodevoli per chi sente la umana dignità. Erano vive sempre le tradizioni del tempo in cui il cittadino si gloriava d’aver fatto la roba col lavoro; e di lasciar la famiglia nell’agiatezza mercè le fatiche, i disastrosi viaggi e gli stenti, si compiaceva meglio di quelli che poi trasmettevano un titolo acquistato Dio sa come. Infatti il Velluti racconta d’alcuni de’ suoi, che volendo rimettersi, mutaron paese per cercar fortuna dove all’attività e all’abilità commerciale conservatasi dai Fiorentini pure a’ suoi giorni, c’era più campo che in patria. E mentre rammenta le buone qualità d’alcuni, non tace le taccherelle e gli errori degli altri. Che, si vede bene, egli buttava giù alla buona de’ ricordi che servissero d’ammaestramento ai discendenti. Forse non pensava che un tempo il suo scritto, come quelli di tanti altri, dal santuario della famiglia, a cui lo avrà destinato, sarebbe tratto fuori e messo dinanzi agli occhi del pubblico per appagare la curiosità di chi del passato non si contenta di conoscere gli avvenimenti strepitosi. Credo poi che nella educazione si seguitassero sempre le massime che troviamo nei trattati del Trecento e del Quattrocento, d’indirizzare gli animi cogli esempi non del bene solamente, ma anche dell’errore: cosicchè uno si sarebbe fatto coscienza di dare a persona della sua famiglia una lode non meritata, e anche di tacerne e dissimularne gli sbagli. Ma, lo ripeto, erano ricordi domestici. Noi ci siamo fatti impicciosi, che andiamo a rifrustare gli armadi de’ nostri vecchi, perchè quelle carte che vi stettero lungamente nascoste ci dicano della vita loro e de’ lor tempi quello di cui tacciono le storie. Esentiamo riconoscenza, come ora per l’egregio signor Passerini, per quelli che ci regalano qualcuna di queste scritture, documenti singolari, colla speranza che per gli esempi che gli autori offrivano a pochi, gli uomini tutti imparino le loro virtù, scansando quei falli, da cui ebbe origine la decadenza morale e civile della nazione.

G.