Pagina:Archivio storico italiano, serie 3, volume 12 (1870).djvu/98

Da Wikisource.
94 i porti della maremma senese

giorni dopo1 alcuni cittadini alla bonificazione di quel porto, concedendo loro la stessa autorità del Consiglio generale: questo eccettuato, che non potessero permettere alcuna tratta di grano nè d’altro frumento.

Se non che nuovi pericoli sovrastavano ancora a Talamone. Ladislao re di Napoli, tentando la prova meglio riuscita a Gian Galeazzo, più volte aveva cercato i Senesi perchè entrassero in lega con lui nell’impresa contro Firenze. Si ricusarono i Senesi, che pacificati si erano co’ Fiorentini per macchinare insieme contro la signoria viscontea, ne reputarono conveniente abbandonare i loro alleati per servire alla politica ambiziosa, e perciò infida, di re Ladislao. Questi disperando di staccare i Senesi dalla lega con Firenze, mosse loro la guerra aiutato dai Genovesi, e cominciò dal minacciare il porto di Talamone (1410). Il governo, stando in sull’avviso, si preparava a difendersi, ed a’ suoi capitani in maremma scriveva di continuo, che stessero vigili e pronti perchè il pericolo era grande e imminente. Ne scrisse anche ai Fiorentini, sollecitandone gli aiuti; e questi spedirono nelle acque di Talamone alcune galee ben fornite di uomini e di armi. Le quali, poco dopo il loro arrivo, furono impetuosamente assalite dall’armata di re Ladislao; e seguitone un fierissimo combattimento, i Fiorentini, di gran lunga inferiori di numero, restarono vinti, e Talamone cadde in potestà dei regii e dei Genovesi. In città corsero voci di tradimento, e si disse che il castellano del porto consegnasse ai nemici quella rocca, allorchè erano per sopraggiungere in difesa di Talamone altre milizie della repubblica2. Ebbero i Fiorentini que-

  1. Il 26 dello stesso mese (ivi, c. 30 t.). Forse è da attribuirsi s questa balìa la provvisione de’ 7 febbraio 1406, che ordinò la costruzione di un nuovo ponte nel porto, e la spesa a quest’oggetto di mille fiorini (ivi, c. 38 l.)
  2. Autore del tradimento si volle un Arcolano cimatore; ma il silenzio dei documenti ci conforta a credere che questa voce, raccolta poi dai cronisti, fosse una di quelle tante dicerie che facilmente si diffondono tra il popolo il giorno dopo una sconfitta.