Pagina:Archivio storico italiano, serie 5, volume 7 (1891).djvu/152

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132 aneddoti e varietà

più sussiste, confermava ogni politico diritto della famiglia Pietramalesca, nonchè la giurisdizione su Arezzo, Città di Castello e Borgo S. Sepolcro1. E cominciò appunto dopo questo tempo a sorgere in Pier Saccone l’orgoglio: egli si elevò a tiranno in quel Comune cui il vescovo Guido aveva con molto valore e con saggezza amministrato; ma più di un decennio non vi potè dominare. Fu ostile prima agl’interni avversari, e massime a Boso a cui, come ho detto, tolse il possesso dei beni episcopali; gravò il popolo di nuovi balzelli, reprimendo i tumulti con crudeli sentenze; cercò quindi conquistare Cortona, ov’era vescovo Raniero fratello dell’istesso Boso; si portò a guerreggiare sulla Massa Trabaria contro i Faggiolani, che, coll’aiuto del legato pontificio, avevangli tolte alcune terre (1331). D’allora cominciarono le fiere lotte contro i Perugini, che tanto danno arrecarono alla nostra città e scossero la potenza dei Pietramalesi. Ma non voglio fermarmi a descrivere in particolare quali cause determinarono il loro decadimento per non toccare ciò che al subietto non troppo si collega: dico peraltro che la malevolenza attiratasi dai propri cittadini, più che le cotrarietà dei partiti, concorse alla completa rovina di Saccone; onde ben si disse ch’ei fu capitano abile e ardito, ma non sagace e mite governatore del popolo2.

Il vescovo Boso adunque, discacciato ed impotente, aggiravasi nelle vicine città, aspettando eventi più favorevoli. Intanto badava ad accrescere le inimicizie ai fianchi del Tarlati, e ad annullare l’autorità del vescovo usurpatore de’ suoi diritti, dimandando ausilio alla Corte papale in Avignone e con lettere e con ambascerie. Egli riuscì nell’intento, ma non potè nemmeno rimpatriare fino a che il governo della repubblica fu in mano di Saccone.

Un codice veramente raro, trasmessoci in parte per copia di un tal Severino Romani verso il 1580, conservando la corrispondenza epistolare di Saccone e Tarlato «defensores et gubernatores civitatis Aretii» col papa e coi loro procuratori presso la Curia, fa testimonianza dello scisma che si ebbe in Arezzo durante il breve e falso papato di Niccolò V, dell’interdetto che l’elezione di frate Mansueto e gli scandali da questa cagionati avevano attratto per tre mesi sulla città e su tutto il territorio: delle pratiche occorse onde persuadere il pontetìce a perdonare e a sospendere la scomunica, e a restituire ai Tarlati ogni privilegio papale ed impe-

  1. Ann. cit., an. 1328. Villani, Cron. X, 125.
  2. Leonardo Aretino, Hist. Flor., II. 436 (edizione del 1855-60).