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rassegna bibliografica 427

meglio sperato, e la vigorosa tutela del bene che già esiste: rimane infine la persuasione per il futuro, e per il presente la carità.

Nel 1844 si tenne a Milano quel congresso italiano degli scienziati, che fu occasione a Carlo Cattaneo di spiegare ampiamente le ali del genio edificatore per illustrare la Lombardia in ogni aspetto suo materiale e morale, mediante l’opera di un drappello di studiosi, fra i quali al Correnti fu commessa la monografia di Bergamo, dove era stato due anni.

In Milano, meglio che altrove, intanto fermentavano gli elementi del rinnovamento d’Italia. Ai primi di luglio del Quarantasette, (scrive il M.) principiò a correre fra noi un libriccino, l’Austria e la Lombardia. Il ribelle vi sorgeva finalmente a giudice, ad accusatore l’accusato. Per istruire correttamente il processo all’inimico perpetuo, dileguavasi il tribuno (Correnti), e sottentrava uno statista che aveva anche grandi qualità di storico. Ancora non cadeva il Quarantasette, e già con eletta comitiva d’amici, il Correnti aveva allestito e mandato attorno una maniera nuova di catechismo; il già menzionato Nipote del Vesta Verde.

Quando si torna col pensiero a que’ mesi del Quarantotto, dice l’A., si è tratti a ripercorrere una serie di eventi così portentosa da doverla confessare unica piuttosto che rara nella storia del mondo. L’epopea vera comincia con una lotta disugualissima e cruenta, con quella insurrezione siciliana che combatte un esercito e lo sperpera e lo persegue, e lo assedia e lo fuga; e l’epopea ascende all’apice con la insurrezione milanese, con quel miracolo che non pare moderno d’una città pressoché inerme, la quale si scuote di dosso in cinque giorni il giogo d’un imperio militare, durato invulnerabile per più di trent’anni.

Menti di quell’eruzione furono il Correnti e il Tenca, con Cattaneo, Giulini, Cantoni, Maestri, Gadda, Massarani, Cernuschi e molti altri. Liberata Milano il 22 marzo, il governo provvisorio col titolo di quel giorno pubblicò un giornale diretto dal Tenca che l’annunciò con queste parole: «La prima bandiera che ci fu dato inaugurare sulla più eccelsa vetta del Duomo, il di della vittoria fu la bandiera tricolore, il nostro labaro, il nostro simbolo della patria comune, dell’Italia una e sola; questa stessa bandiera sposata al Leone di S. Marco, sventola adesso sulle antenne e le cupole dell’antica regina dei mari; questa bandiera, associata alla croce sabauda insegue oggi sui campi di Lombardia le orde fuggenti dei barbari. Duinte la guerra preparare le leggi elettorali per la futura convocazione dell’assemblea costituente, che deve emergere dal voto libero e universale».

Ma il governo provvisorio fu costretto ad escire da quella neutralità, ed il 12 maggio chiamò! cittadini a votare la fusione im-