Pagina:Archivio storico italiano, serie 5, volume 7 (1891).djvu/471

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anc’oggi palpitar tanti cuori; e voleva accostarglisi: all’uomo illustre, solitario, pieno di speranze e scoramenti, bersaglio di grandi invidie, piacque l’entusiasmo del giovane, la sua natura franca ed aperta; parvegli aver trovato una difesa e un conforto, e lo volle con sé. Cosi per quasi tre lustri, in casa e fuori di casa, al passeggio ed anche viaggiando, si trovò il nostro a sentirgli dettare o a scrivere per lui gran parte delle composizioni che sono a stampa, e altre ancora che il poeta, non appena dettate, lacerava o bruciava, ma che il Ginanneschi riteneva nella memoria, pronta e tenacissima. Dopo anni ed anni, ricordava benissimo e recitava molte di quelle composizioni. Alcuni frammenti d’un poema in ottava rima sul Bonaparte, che il Niccolini avea cominciato a comporre, ma che non fu scritto, vennero in luce nei Ricordi della sua vita e delle opere, editi nel 1866 dal Vannucci, che proprio dice averli avuti, con altre notizie sul grand’uomo, dal nostro Ginanneschi, "che lungamente (parole d’esso Vannucci) gli rimase assiduo compagno, ed ebbe cura gelosa de’ suoi scritti e della sua vita„. Alcuni, ma pochi, di quei versi e ricordi, in copia e anche autografi, anche proprio di quelli messi in brani dall’autore, si conservano presso la famiglia del Ginanneschi. La quale, del resto, dovrebbe conservare, se non tutti, certo la maggior parte dei manoscritti Niccoliniani, donati dall’autore, con una sua lettera, all’intimo e fido amico, se per un atto di estrema delicatezza questi non avesse creduto doverli cedere ad altri che vi accampava non so quale diritto.

Dopo la morte del Niccolini, non ritornò il Ginanneschi alla professione delle leggi. Proprietario di alcuni fondi rustici presso Firenze, si voltò alla scienza e alla pratica dell’Agricoltura; e nel 1875 pubblicò un libro Intorno allo stato dell’agricoltura nel Comune di Sesto, che fu premiato dal Comizio Agrario fiorentino, di cui egli era socio e fu segretario più anni. Altre cose ancora diede in luce nell’Agricoltura Italiana, giornale dell’Istituto Agrario di Pisa, e indi in quello dell’Agricoltura pratica, fondato nel 1882 dal Comizio fiorentino, e da lui diretto. In tutti i quali scritti mostrò non solo perfetta conoscenza dei soggetti presi a trattare, ma eziandio una cultura letteraria non comune oggi a chi fa professione di tali studi. Quindi per opportune allegazioni d’autori antichi e moderni, per lucidità e ordine d’idee, per semplicità e proprietà di dettato, sono quei suoi scritti di grata e utile lettura anche ai profani in quelle materie.

Ma le non comuni qualità dell’ingegno erano in lui vinte da quelle dell’animo. Fu per bontà dell’animo, per non aver saputo vincere gl’impeti del suo cuor generoso, se di agiato molto ch’egli era si trovò tutto in un tratto povero. E fu allora che, per non mancare in qualsifosse onorato modo alla famiglia, cercò ed ebbe rifugio tra i libri e do-