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la loggia di or' san michele 77

appunto per questa nicchia fu ideata); parlano dei 13 tabernacoli, sottintese le rispettive nicchie da farsi dalle 12 arti maggiori, come pure della figura di bronzo o di marmo di pittura del loro Patrono e a loro spese: dicono, che ognuna si scelga quella faccia che piii le piacesse: ordinano che ogni anno al giorno del rispettivo Santo i consoli dell’ arte cogli artefici facciano offerta e che quella sia della Compagnia per essere distribuita ai poveri di Dio1. Ma strano! non si sente dir nulla dell’architetto o di chi fece il disegno della nuova costruzione. Ecco il Vasari, che ci viene in ajuto: «Taddeo Gaddi seguitò per lo Comune l’Opera d’Orsanmichele»2; ed il Del Migliore afferma dall’altro canto nella sua Firenze Illustrata, che «ne fu architetto Andrea Orgagna»3. Quant’a quest’ultimo, è certo che si intendeva di architettura, come tutti gli artefici del 1300: Lorenzo Ghiberti nei suoi Commentari lo chiama dottissimo architetto, ma con tutto ciò non annovera nemmeno una sola opera di architettura dell’Orgagna compiuta, e non si sarebbe lasciato sfuggire un’occasione tanto propizia per confortare la sua asserzione, come sarebbe stata l’invenzione del disegno per la loggia di Or San Michele. Rispetto poi a Taddeo Gaddi, Gaetano Milanesi, ultimo editore delle Vite del Vasari, nel Commentario alla Vita del detto artista, ha con maestria e convincente chiarezza provato, che Taddeo in nessun modo poteva essere l’architetto della seconda loggia, anzi tutto per la semplice ragione, che nessun documento e nessuna memoria contemporanea lo comprova nemmeno architetto; e perchè non si trova matricolato all’arte dei Maestri, dei quali il Comune soleva servirsi per i suoi lavori. Capomaestro del Duomo fu in quei tempi Francesco Talenti: e forse un giorno riuscirà

  1. Petizione dai Consoli dell’arte della seta ecc.. ai Priori ed al Gonfaloniore di Firenze dal 12 Aprile 1339, riportata nel Gaye op. cit. t. I, p. 46.
  2. G. Vasari. Op. cit. p. 576, s. v. Taddeo Gaddi.
  3. Del Migliore. Firenze illustrata; 1684, p. 530.