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CXLVII

AL REVERENDO FRATE PIETRO DA MODENA

Gode dell’avviso della venuta di Giulio Romano, e ricorda con compiacimento le prediche di fra Pietro in Santo Apostolo. Se il nome commune avesse vertú di poter far gli animi conformi, crederci, padre, che la bontá de l’amore, con cui ci ha congiunti l’amicizia, derivasse da Pietro; ma, avendola consumata il primo papa nel suo ufficio ne la sua vita, e ora volendola tutta per la santitá del suo nome, dirò che ci amiamo per vertú nostra propria. E perciò voi, dove séte, di me vi ricordate, e io, dove sono, di voi mi ramento. Ma, per esser quella de la Vostra Reverenza maggior, si è mossa a scrivermi in prima, e hammi fatto leggere le poche parole, che mi son parse assai, poiché ci ho compreso la memoria che tenete di me e l’avviso de la venuta di messer Giulio Romano, gloria dei belli spirti; benché io credo che egli non sappia piú ch’io mi sia, tanto è che da lui non ho avuto imbasciata. Ma, senza altro, le qualitá sue mi saranno sempre a core come le vostre, che son tali, che, nel comparir de la quaresima, Santo Apostolo si rimarrá solo, perché l’accutezza de la dottrina vostra ha talmente radice in tutti i petti, che a ogni ora séte ne le lingue de la contrada. Gran frutto ritraevano le genti de le Pistole , che di Paolo gli sponevate; e io, per me, non udii mai cose cosi pure, cosi facili e cosi cristiane. E non se ne dubiti che le luteranarie non procedino da ignoranza. Come un vòle acquistar fama, egli sculpisce un neo sul volto a la fede, im brattandola fin con l’esclamazioni, mettendo il sospetto ne la sinceritá e la eresia ne la religione. Iddio è un atto puro e semplice; perciò puro e semplice dee esser quanto se ne parla e quanto se ne scrive. Certo ch’io ho perduto de le vostre prediche e de le vostre lezzioni, con gran mio peccato e con gran mio dispiacere. Ma lo studio di quel poco ch’io faccio è