Pagina:Aretino, Pietro – Il secondo libro delle lettere, Vol. II, 1916 – BEIC 1734657.djvu/226

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forza che uno, per rozzo che sia, comprenda in essa la paura di chi teme, la speranza di chi spera, la superbia di chi minaccia, rumiltá di chi priega, l’affezzione di chi ama, la impietá di chi odia, la perseveranza di chi serve e la pacienzia di chi paté. La efficacia de le parole, intessute in tela si dolente, muovono, in chi le ascolta, orrore, ammirazione, misericordia, sospetto, ansia, cura, dispregio e fastidio; talché la favola, convertita in istoria, appresenta la sua fízzione tanto vera, che piú non se ne ritrarebbe da la veritade istessa. insomma ella, per quel ch’io ne comprendo, è tale, quale sogliono essere i parti di voi, che avete si alta grazia col mondo, che gli ingegni eletti di questo secolo si reputano per gloria di esser vinti dai vostri andari; per la qual cosa i posteri non si arossiranno nel nascerci prigioni di quegli.

Di Vinezia, il 25 di luglio 1542. DCCL 1 I AL SIGNOR GIROLAMO MARTINENGO Quanto gli duole che un cosi cortese gentiluomo come il Martinengo sia ammalato! Ma si tratterá certamente di malore passaggiero. Io, che intendo che la Signoria Vostra non si gode de la vital sanitade, ne ho pre^o quel fastidio clic, se, agravato da cotal male, giacessi in letto nel modo che ci sono giaciuto di molti giorni, non senza qualche sospezione di peggio. E, benché io ne sia, per Dio grazia, levato, il sapere che voi ci séte dentro non me lo lascia far prò, avenga che tutto quel di lieto e di dolente, che un simile a voi prova in la persona, provo io in sul core. Onde vorrei potere tórvi la febbre, che vi tiene oppresso, cosi tosto come Io dico; ché certo lo farei. E ben debbo io ciò desiderare, da che voi séte il piú cortese gentilomo e il piú onorevole cavaliere che io abbi anco conosciuto. In voi non è affettazione, in voi non è cerimonia e in voi non