Pagina:Ariosto, Ludovico – Lirica, 1924 – BEIC 1740033.djvu/142

Da Wikisource.
136 v - egloghe

tirsi


     Quanto è miglior tanto piú grave eccesso,
e meritevol di maggior supplicio
chi ha cercato occiderlo ha commesso.

melibeo


     205Ben si pò dir che ’l ciel ne sia propicio;
che non pur d’un, di tre, di quattro ed otto,
ma vetato abbia un gran publico exicio.
     Una tanta roina e sì di botto
non è quasi possibil che si spicchi,
210che molta turba non v’accoglia sotto.
     Prima ai nimici, e poi veniano a’ ricchi,
fingendo novi falli e nòve leggi,
perché si squarti l’un, l’altro s’impicchi.
     Ch’era di ciò cagion credo tu ’l veggi;
215per non pagar del suo gli empi seguaci,
ma de li solchi altrui, de li altrui greggi.
     Veduto aresti romper tregue e paci,
surger d’un foco un altro e di quel diece,
anzi d’ogni scintilla mille faci.
     220Qual cosa non faria, qual giá non fece
un popular tumulto che si trove
sciolto ed a cui ciò ch’appetisce lece?

tirsi


     Queste son strane e veramente nòve
nuove che narri, e viemmene un ribrezzo,
225che ’l cor m’aggiaccia e tutto mi commove.
     Deh! se dovunque vai trovi aura e rezzo,
che credi tu ch’avria fatto la moglie,
se ’l caro Alfenio tolto era di mezzo?

melibeo


     Come tortora in ramo senza foglie,
230che, poi ch’è priva del fido consorte,
sempre piú cerca inasperar le doglie.