Pagina:Ariosto, Ludovico – Lirica, 1924 – BEIC 1740033.djvu/94

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88 iv - capitoli

     Dove son se non qui tanti devoti,
dentro e di fuor, d’arte e d’ampiezza egregi
témpi e di ricche oblazion non vuoti?
     Chi potrá a pien lodar li tetti regi
35de’ tuoi primati e portici e le corti
de’ magistrati e publici collegi?
     Non ha il verno poter ch’in te mai porti
di sua immondizia; se ben questi monti
t’han lastricata sino alli angiporti.
     40Piazze, mercati, vie marmoree, ponti,
tali belle opre de’ pittori industri,
vive scultore, intagli, getti, impronti;
     il popul grande e di tanti anni e lustri
l’antique e chiare stirpi, le ricchezze,
45l’arte, li studi e li costumi illustri,
     le leggiadre manere e le bellezze
di donne e di donzelle, a cortesi atti
senza alcun danno d’onestade avezze;
     e tanti altri ornamenti che ritratti
50porto nel cor, meglio è tacer ch’ai suono
di tanto umile vena se ne tratti.
     Ma che larghe ti sian d’ogni suo dono
Fortuna a gara con Natura, ahi lasso!
a me che val se in te misero sono?
     55se sempre ho il viso mesto e il ciglio basso,
se di lacrime ho gli occhi umidi spesso,
se mai senza sospir non muto il passo?
     Da penitenzia e da dolore oppresso
di vedermi lontan da la mia luce,
60trovomi sí ch’odio talor me stesso.
     L’ira, il furor, la rabbia mi conduce
a biastemiar chi fu cagion ch’io venni,
e chi a venir mi fu compagno e duce,
     e me che senza me, di me sostenni
65lasciar, oimè! la meglior parte, il core,
e piú all’altrui ch’al mio desir m’attenni.