Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. II, 1928 – BEIC 1738143.djvu/199

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CANTO VENTESIMOTERZO


1
     Studisi ognun giovare altrui; che rade
volte il ben far senza il suo premio fia:
e se pur senza, almen non te ne accade
morte né danno né ignominia ria.
Chi nuoce altrui, tardi o per tempo cade
il debito a scontar, che non s’oblia.
Dice il proverbio, ch’a trovar si vanno
gli uomini spesso, e i monti fermi stanno.

2
     Or vedi quel ch’a Pinabello avviene
per essersi portato iniquamente:
è giunto in somma alle dovute pene,
dovute e giuste alla sua ingiusta mente.
E Dio, che le piú volte non sostiene
veder patire a torto uno innocente,
salvò la donna; e salverá ciascuno
che d’ogni fellonia viva digiuno.

3
     Credette Pinabel questa donzella
giá d’aver morta, e colá giú sepulta;
né la pensava mai veder, non ch’ella
gli avesse a tor degli error suoi la multa.
Né il ritrovarsi in mezzo le castella
del padre, in alcun util gli risulta.
Quivi Altaripa era tra monti fieri
vicina al tenitorio di Pontieri.