Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. II, 1928 – BEIC 1738143.djvu/278

Da Wikisource.
272 canto


60
     Fortuna mi tirò fuor del camino
in mezzo un bosco d’intricati rami,
dove odo un grido risonar vicino,
come di donna che soccorso chiami.
V’accorro, e sopra un lago cristallino
ritrovo un fauno ch’avea preso agli ami
in mezzo l’acqua una donzella nuda,
e mangiarsi, il crudel, la volea cruda.

61
     Colá mi trassi, e con la spada in mano
(perch’aiutar non la potea altrimente)
tolsi di vita il pescator villano:
ella saltò ne l’acqua immantinente.
— Non m’avrai (disse) dato aiuto invano:
ben ne sarai premiato e riccamente
quanto chieder saprai, perché son ninfa
che vivo dentro a questa chiara linfa;

62
     et ho possanza far cose stupende,
e sforzar gli elementi e la natura.
Chiedi tu, quanto il mio valor s’estende,
poi lascia a me di satisfarti cura.
Dal ciel la luna al mio cantar discende,
s’agghiaccia il fuoco, e l’aria si fa dura;
et ho talor con semplici parole
mossa la terra, et ho fermato il sole. —

62
     Non le domando a questa offerta unire
tesor, né dominar populi e terre,
né in piú virtú né in piú vigor salire,
né vincer con onor tutte le guerre;
ma sol che qualche via donde il desire
vostro s’adempia, mi schiuda e disserre:
né piú le domando un ch’un altro effetto,
ma tutta al suo giudicio mi rimetto.