Pagina:Ariosto, Ludovico – Orlando furioso, Vol. II, 1928 – BEIC 1738143.djvu/377

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ventesimottavo 371


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     Poi ch’ebbon tanto riso, che dolere
se ne sentiano il petto, e pianger gli occhi,
disson tra lor: — Come potremo avere
guardia, che la moglier non ne l’accocchi,
se non giova tra duo questa tenere,
e stretta sí, che l’uno e l’altro tocchi?
Se piú che crini avesse occhi il marito,
non potria far che non fosse tradito.

73
     Provate mille abbiamo, e tutte belle;
né di tante una è ancor che ne contraste.
Se provian l’altre, fian simili anch’elle;
ma per ultima prova costei baste.
Dunque possiamo creder che piú felle
non sien le nostre, o men de l’altre caste:
e se son come tutte l’altre sono,
che torniamo a godercile fia buono. —

74
     Conchiuso ch’ebbon questo, chiamar fêro
per Fiammetta medesima il suo amante;
e in presenzia di molti gli la diero
per moglie, e dote che gli fu bastante.
Poi montaro a cavallo, e il lor sentiero
ch’era a ponente, volsero a levante;
et alle mogli lor se ne tornaro,
di ch’affanno mai piú non si pigliaro. —

75
     L’ostier qui fine alla sua istoria pose,
che fu con molta attenzïone udita.
Udilla il Saracin, né gli rispose
parola mai, fin che non fu finita.
Poi disse: — Io credo ben che de l’ascose
feminil frode sia copia infinita;
né si potria de la millesma parte
tener memoria con tutte le carte. —